Quello che ci rimane di Martedì 8 Dicembre, la nostra giornata contro il Cop21, non sono di certo gallerie fotografiche ed articoli di giornale.
Solo Repubblica Firenze si è accorta di un migliaio di contadini scesi in piazza e passati in corteo festante per le vie del centro fiorentino. Per la restante stampa locale, zero.
Eppure quello che abbiamo visto dalle 10 di mattina fino alla sera è stata una piazza attraversata da migliaia di persone avvicinatesi al mercato contadino della Fierucola per fare acquisti, curiosare, ascoltare gli interventi susseguitesi ai microfoni aperti o per partecipare al pranzo condiviso organizzato grazie alla partecipazione di tutte e tutti.
Abbiamo ascoltato molti interventi durante tutta la giornata, interventi che hanno presentato il programma della giornata, ma soprattutto che ne hanno spiegato il senso.
Quello presente in p.zza Ss. Annunziata infatti non è un movimento d’opinione ma una rete reale di lotte: contadini, produttori, artigiani e compagni attivi ognuno secondo i propri interessi, le proprie passioni, le proprie vite, tutte e tutti uniti nel progetto di costruzione di un’alternativa agricola, economica e sociale opposta a quella dominante.
Tra i tanti interventi abbiamo potuto ascoltare quelli del Comitato per Mondeggi Bene Comune; del Rovo, un cascinale con relativa area agricola recuperati da attivisti del quartiere compreso fra il Gignoro e Rovezzano; dei ragazzi e le ragazze di Terre di Lastra, attivi dall’altra parte della città ma mossi dagli stessi principi; della Rete Semi Rurali, che lotta contro il “copyright dei semi” e per la biodiversità; dei GAS presenti in città ed anche un bell’intervento telefonico proveniente dal Presidio di Venaus NO TAV, che ci ha inviato un messaggio di solidarietà da parte del corteo che contemporaneamente si stava svolgendo nella Val di Susa.
A parlare al microfono anche l’ex Presidente della CIA (Confederazione Italiana Agricoltura) che ha difeso la lotta in atto a Mondeggi. È importante per noi sottolineare quest’intervento perché suona come un autorevole risposta agli attacchi che il sindacato contadino oggi riversa sull’occupazione di Mondeggi, prestandosi al ridicolo gioco della lamentela legalitaria. Secondo la Cia infatti l’occupazione violerebbe, tra le altre, le normative di produzione e fiscali, danneggiando quindi i produttori concorrenti. Andrea Terreni quindi ha giustamente riportato il discorso su di un piano meno farsesco sottolineando come tale lotta non danneggia assolutamente gli altri produttori ma anzi li rafforza, entrando frontalmente in conflitto proprio con quell’ordine legale che schiaccia le piccole produzioni a favore dell’agricoltura industriale.
I tanti presenti hanno poi dato vita ad un corteo riuscitissimo. Aperto dalle carriole e seguito dai vari spezzoni delle realtà presenti, con la determinazione nelle idee e la gioia della lotta, il corteo ha saputo raccontare come l’ambientalismo, da troppi anni relegato allo status di movimento d’opinione incapace di inserirsi su di un terreno di lotta locale e quotidiano, trovi nella lotta contadina una sua identità forte.
L’agricoltura assorbe un terzo dei lavoratori di tutto il mondo e contribuisce ad un mero 6% del PIL globale, a prova della sua sostanziale sottomissione nella gerarchia economica. Ma essa è al centro del rapporto tra uomo e ambiente, rappresenta la principale attività umana nella gestione delle risorse naturali e va sempre più minacciando gli ecosistemi. Più in generale, quello che siamo vivendo è un conflitto strutturale sul futuro del cibo, tra uno scenario di ulteriore evoluzione del modello produttivista tramite l’applicazione delle scienze della vita ed uno fondato sull’approccio agroecologico e sulla centralità dell’agricoltura di piccola e media scala, legata al territorio e caratterizzata da una vocazione multifunzionale: essa ha tutto il potenziale di svilupparsi in sinergia con altre attività, produrre cibo sano e nutriente, tutelare il territorio gestendone responsabilmente le risorse naturali, restituire dignità al lavoro, mantenere le comunità rurali e i loro valori culturali. Nello specifico, nel mondo attuale e al di là di ogni retorica produttivista, l’agricoltura contadina si dimostra più produttiva di quella industriale per unità di terra e ancor più per unità di energia esogena immessa. Se poi si guarda anche alla qualità nutrizionale del cibo il paragone non ha neanche senso di essere posto. Nonostante la situazione di svantaggio strutturale in cui versa, essa continua ad impiegare globalmente circa il 30% delle risorse agricole assicurando il 70% degli alimentazione umana attraverso una filiera ‘corta’.
Oltre a tutto ciò abbiamo presentato non solo i protagonisti della resistenza contadina, gli unici che oggi garantiscono la possibilità di acquistare prodotti fuori da questo sistema di produzione, ma anche un ampio progetto di mutuo soccorso e reciproco sostegno fra le lotte.
Mettendo insieme i vari pezzi che dal nord al sud uniscono la RiMaflow, fabbrica recuperata di Trezzano sul Naviglio, i progetti SfruttaZero, Solidaria, Eat the Rich alle lotte sul territorio fiorentino abbiamo rappresentato quello che appare oggi come un embrione di una rete capace di sostenere economicamente le produzioni resistenti e conflittuali, ma soprattutto capace di dare risposte concrete da contrapporre ai vaghi e pretestuosi documenti elaborati dalle varie Conferenze delle parti (di Parigi, Copenhagen, Kyoto…)
Infatti l’aggressione dei territori da parte delle grandi aziende si è fatto sempre più predatoria, proprio grazie alle politiche attuate da Regioni, governi nazionali ed Ue, tutte perfettamente allineate, in nome della crescita, dell’uscita dalla crisi e magari anche della riconversione ecologica, ma che si concretizzano poi in:
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Liberalizzazione delle espropriazioni di materie prime: dai marmi delle Apuane ceduti dalla Regione Toscana, passando per la moltiplicazione delle grandi opere come inceneritori, nuovi aereoporti, tunnel tav e centrali geotermiche fino agli scavi petroliferi in centro e sud Italia benedetti dallo Sblocca Italia.
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Legislazione Ue che apre agli ogm e favorisce le produzioni industriali, vessatoria nvece verso i piccoli produttori, sepolti da richieste di certificati, patentini, tasse e obblighi fuori dal buon senso (oltre che dalla giustizia sociale).
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Privatizzazioni delle terre, delle infrastrutture, degli enti sociali.
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Speculazione sulle energie cosiddette rinnovabili, sul commercio delle quote di emissione di Co2
Quello che ci rimane di Martedì 8 Dicembre è quindi un’ipotesi di lavoro. Vogliamo lavorare con tutte e tutti i presenti alla giornata, promotori, aderenti e partecipanti, alla costruzione di una rete “fuori mercato”, un tentativo concreto di mettere in connessione operativa una serie di realtà contadine, operaie e sociali dentro un quadro economico autogestito e alternativo alla GDO e alle logiche di mercato. Con la consapevolezza che questo non può eludere il fattore conflitto sociale,
ma che anzi solo sperimentando su questo terreno il conflitto può essere ad un tempo opposizione all’esistente e prefigurazione d’una alternativa. Aspetto non irrilevante se guardiamo al passato dei movimenti “di sinistra”.