Nel corso degli ultimi anni abbiamo visto come il Comune di Firenze, con la scusa di una fantomatica lotta alla droga e al degrado, abbia chiuso e militarizzato gli spazi pubblici di questa città allontanando il piccolo spacciatore senza di fatto voler risolvere il problema. In nome del “decoro” e della “sicurezza” sono state giustificate azioni repressive e ordinanze assurde e contrarie agli interessi dei cittadini.
Si pensi ad esempio all’ondata di retate che negli ultimi anni ha interessato luoghi come Piazza Santo Spirito, Piazza Sant’Ambrogio, Piazza San Marco, la stazione e il parco delle Cascine, non a caso tutti luoghi per i quali il Comune ha dimostrato un interesse particolare nell’ottica di allargare e consolidare il progetto della “Firenze città vetrina”.
Il risultato, in barba a tutte le dichiarazioni di miglioramento e aumento della sicurezza della città, è che il problema dello spaccio dalle piazze è passato ad altri luoghi meno interessanti per quel circuito turistico che le istituzioni locali vogliono promuovere, intensificando il disagio sociale già esistente nelle zone più “in ombra” del centro.
Appare sempre più evidente come il processo di gentrificazione che ha interessato il
centro di Firenze in questi anni stia seguendo una linearità strategica: alcune zone, abbandonate dalle istituzioni spesso con grandi progetti incompiuti, diventano luoghi di degrado e delinquenza. Qui si svalutano immobili, la popolazione residente protesta senza ottenere alcunché ed infine si sposta. In questo contesto, gli immobili iniziano a essere svenduti agli investitori. Una volta svuotate, queste aree vengono “bonificate” con interventi anche violenti delle forze dell’ordine e, spostati altrove i problemi, diventano appetibili per le speculazioni edilizie. Chi ha comprato a poco ora ha in mano molto di più. Questo grazie ai progetti delle istituzioni, tutti rivolti a un turismo gestito da grandi aziende e immobiliaristi.
Questo processo interessa e ha interessato quasi tutti i quartieri del centro storico e non da poco riguarda anche il quartiere di San Lorenzo, in particolar modo l’area che va da via Panicale al chiostro di Sant’Apollonia. Lavoratori, studenti e abitanti del quartiere che si impegnano e si incontrano nel chiostro e negli spazi della Polveriera si trovano a dover vivere questa situazione quotidianamente. Siamo nella fase in cui questo “degrado” viene concentrato in una zona specifica prima di essere spazzato via altrove con la violenza. Sant’Apollonia infatti, essendo uno spazio pubblico, è ovviamente aperto a ogni tipo di frequentazione, e trovandosi in un quartiere che vive una situazione così complessa, è meta e crocevia di molti traffici loschi e personaggi molesti.
Ogni giorno ritroviamo i tavolini circondati o coperti da spazzatura, ascoltiamo le incazzature per furti, offese e minacce subiti, e soprattutto siamo costretti a pulire i bagni della mensa universitaria – con cui condividiamo il chiostro – da oggetti come stagnole e siringhe usate, litigando spesso con gente che si chiude a chiave nei bagni e che ci vediamo costretti a cacciare per il bene di chi questi spazi li usa per studiare, per mangiare alla mensa o partecipare alle iniziative in Polveriera.
Denunciamo tutto ciò perché riteniamo sia frutto della pessima gestione di un comune che delega alle forze di polizia la soluzione dei problemi sociali, criminalizzando, scambiando a bella posta gli effetti con le cause per giustificare le sue manovre sulla città.
Noi al contrario pensiamo che non sia reprimendo ma piuttosto predisponendo luoghi adatti a un
consumo privato e pulito, muovendosi in direzione di legalizzazione e aprendo un onesto dibattito
sull’uso e la natura delle sostanze che si possa iniziare a trovare soluzioni a un problema che è radicato più in profondità nelle contraddizioni del sistema capitalistico.
Dal canto nostro, per risolvere questo e altri problemi non ricorreremo alla violenza o a chiusure, né tantomeno delegheremo alla repressione poliziesca, né adesso né mai. Ci adoperiamo affinché il problema sociale della droga sia un impegno assunto dalla collettività, e chiediamo solidarietà e collaborazione da parte di chi vive o frequenta questi spazi: la Polveriera è nata con l’intento di riaprire uno spazio abbandonato per renderlo nuovamente fruibile valorizzando le funzioni sociali che può svolgere e l’importanza fondamentale di queste in opposizione a dinamiche che alimentando l’isolamento, la paura e l’odio reciproco, rendono invivibile questa città.
Riteniamo che solo in presenza di uguaglianza e giustizia sociale si possano debellare le necessità di spaccio e consumo, e soltanto in virtù di una socialità basata su aiuto reciproco e solidarietà, partecipazione attiva e condivisione, inclusività e rispetto.
L’Assemblea de “La Polveriera SpazioComune”