LA PROSSIMA RIVOLUZIONE, dalle assemblee popolari alla democrazia diretta di Murrat Bookchin

“Il dominio dell’uomo sulla natura è originariamente causato dal dominio reale dell’uomo sull’uomo. La soluzione a lungo termine della crisi ecologica dipenderà da una trasformazione fondamentale di come organizziamo la società, una nuova politica basata sulla democrazia diretta, su assemblee di vicinato e sulla dissoluzione delle gerarchie”

“La prossima rivoluzione. Dalle assemblee popolari alla democrazia diretta” (Bfs Edizioni, 2016) sono otto saggi che racchiudono la sintesi dell’opera di Murray Bookchin, il filosofo anarchico ecologista statunitense che più ha influenzato le idee politiche rivoluzionarie nel nuovo millennio, passando dal marxismo all’anarchismo fino ad approdare all’ecologia sociale, sintesi del pensiero socialista libertario con quello ecologico.

Con la prefazione di Martino Seniga, un’introduzione a cura di Debbie Bookchin e Blair Taylor, e la postfazione di Ursula LeGuin.
Nella traduzione di Norma Santi e Martino Seniga.

GLI ZINGARI E IL RINASCIMENTO di Antonio Tabucchi

“Sono privi di tutto. Non hanno nessun tipo di infrastruttura (acqua, elettricità, fognature, assistenza), né di sussistenza. Spesso neppure i documenti che provino che esistono come creature. Solo il loro corpo testimonia che ci sono persone vive, in questo breve deserto senza alberi e senza erba che è loro concesso a questo mondo dalla rinascimentale città di Firenze”

Edizioni Piagge ripubblica il reportage di Antonio Tabucchi “Gli zingari e il rinascimento” sulla disumanità di condizioni di vita a cui è costretto il popolo rom per – nelle parole di Alessandro Santoro – “la sciatteria e il perbenismo di Firenze e del nostro Belpaese, per la mancanza di ascolto e di lungimiranza politica delle nostre istituzioni”.
Libro quanto mai attuale il cui sguardo alle dinamiche politiche e culturali affonda una critica severa alle istituzioni cittadine e alla classe politica che le amministra, viene ripubblicato a distanza di venti anni con una nuova prefazione di Salvatore Settis e un racconto inedito di Antonio Tabucchi.

Presto lo troverete nella biblioteca di Polveriera

ZOMBIECITY. Strategie Urbane di sopravvivenza agli zombie e alla crisi climatica curato da Aleddandro Melis

Fra le case editrici che stimiamo maggiormente e leggiamo di più c’è sicuramente D Editore, con i suoi titoli sempre interessanti e molto attenti alle dinamiche dell’attualità.

“Zombiecity. Strategie urbane di sopravvivenza agli zombie e alla crisi climatica” curato da Alessandro Melis è uno degli ultimi saggi che abbiamo aggiunto alla nostra biblioteca!

«ZombieCity è l’ultima possibilità di sopravvivenza del genere umano sulla Terra. La catastrofe biologica è iniziata, l’attacco virale è inarrestabile ed ha ormai raggiunto l’ultimo stadio, il punto di non ritorno».

Le conseguenze più drammatiche del cosiddetto sviluppo stanno mettendo a rischio la sopravvivenza stessa del genere umano: dissesti idrogeologici, desertificazione, uragani, ma anche sommosse, terrorismo e pandemie dimostrano che le nostre città non sono attrezzate per far fronte agli imprevisti più catastrofici. Di fronte a questo scenario, parlare di zombie, può non apparire una priorità. Eppure, l’immaginario può essere usato come metafora per stimolare studenti e professionisti a interrogarsi sulle opportunità offerte dalle distopie.

Nato da una ricerca avviata nel 2012, aggiornato oggi alla luce delle conseguenze urbane del coronavirus e del movimento Black Lives Matter e con gli interventi di otto ricercatrici e ricercatori, ZombieCity studia le crisi in atto per catalogare gli strumenti progettuali utili alla vita su questo pianeta, cercando soluzioni concrete, sia strategiche che tecnologiche, che mirino alla creazione di una società in cui la felicità sia garantita non dalla crescita economica, ma dalla crescita della qualità della vita.
Puoi acquistarlo dal sito della casa editrice!

ZombieCity

CHAV, Solidarietà coatta di D. Hunter

“Chav. Solidarietà coatta” di D.Hunter (Edizioni Alegre) tradotto da Alberto Prunetti
è un altro titolo importante uscito quest’anno che abbiamo presentato al Festival di letteratura sociale e che potete trovare nella bilioteca di Polveriera.

Qui una recensione di Christian Raimo su Minima&moralia

Che Chav fosse un libro così bello e importante non me la aspettavo. Immaginavo che questo breve memoir di D.Hunter fosse un testo rappresentativo, anche paradigmatico della riflessione della working class alla fine del novecento operaio; il sottotitolo italiano Solidarietà coatta prova a tenere insieme la forza del neologismo ma anche il senso della nuova soggettivazione politica che D.Hunter invoca: chav in inglese è un termine gergale di origine incerta, che vulgata vuole indicare i Council House And Violent, i proletari violenti che vivono nelle case popolari (Owen Jones nel 2011 sdoganò questo termine con un bellissimo saggio colpevolmente ancora non tradotto in italiano, Chavs: The Demonization of the Working Class).
Invece qui abbiamo un piccolo classico: un romanzo di formazione, un manifesto politico, un libro per ragazzi, un saggio sulle questioni di genere. In Chav gli elementi biografici sono così esemplari da rendere quello che si presenta come un testo d’occasione nel filone che Alberto Prunetti, il direttore della collana di Alegre per cui è uscito, chiama working class fiction, in una pietra angolare per chi vuole ragionare su cosa vuol dire fare politica oggi.
E proviamo a spiegare perché questo testo sia così rilevante. Prima ragione è la smodata sincerità di D.Hunter. Siamo abituati a un discorso politico che fa della performance, della retorica, della sua capacità comunicativa la sua natura; ciò che è grezzo viene spesso considerato apolitico o al massimo prepolitico. E invece ogni tanto mi sono ritrovato a dovermi fermare per appuntarmi le sintesi che D.Hunter faceva della sua vita e le sentenziali analisi politiche che ne ricavava.
(“La prima volta che ho fatto sesso per denaro avevo dieci anni, l’ultima volta ne avevo quindici. Per tre anni è stata la principale fonte di reddito a casa di mia madre, prima di diventare più abile nello spaccio e nei furti. Anche mia madre faceva sesso per denaro, ma poi quei soldi finivano in eroina, in alcolici, e una fetta andava al tipo che la sfruttava. Per questo dovevo trovare un modo per garantire cibo a me e alle mie sorelle, comprare vestiti per andare a scuola, evitare che il contatore elettrico a pagamento arrivasse a zero. È stata mia mamma che mi ha spinto a farlo, le prime volte”/ “I nostri corpi sono intrisi di connotazioni di classe, e i corpi delle persone senza capitale valgono meno. Per questo possono smontare i nostri corpi, possono comprarli e venderli, imprigionarli e poi lasciarli andare. E tutto questo ha per loro poca importanza”).
La seconda ragione è la sua intelligenza nel riconoscere sempre di essere una parte della catena di potere: anche da oppresso, la responsabilità di essere oppressore. Nell’era del vittimismo, sono strazianti le pagine in cui racconta la serie di umiliazioni che ha subito tra riformatori, abusi, carceri minorili, povertà, e poi ricorda il privilegio di essere un maschio bianco (“non conosco nessun nero o nera d’estrazione working class che ce l’abbia fatta, anche se sicuramente qualcuno ci sarà, ma son certo che per loro è stato più difficile che per me”).
La terza ragione è l’attenzione politica con cui viene applicata una teoria gramsciana ai movimenti di sinistra degli ultimi trent’anni. D.Hunter incontra I quaderni dal carcere in un letto d’ospedale (“Nella corsia c’erano dei libri. Cominciai con difficoltà a sforzarmi di leggerli. Dai tempi delle scuole elementari non avevo più letto nulla. Poi mi passarono i Quaderni del carcere di Antonio Gramsci. A quel punto presi tutta un’altra strada. Metà del libro mi volò letteralmente in testa. Lo leggevo a passo di lumaca, sillabando le parole a voce alta, ricorrendo al vocabolario ogni due frasi, ma andavo avanti”) ed è chiaro come sviluppi da lì una chiave di critica politica tanto alle ideologie del potere quanto all’inefficacia delle mobilitazioni nella lunga fase neoliberista (“Con poche eccezioni i movimenti e le campagne con un programma di liberazio‐ ne e cambiamento sono deboli. Hanno poco o nessun potere e ripetono gli stessi schemi. Pretendono di rappresentare il popolo. Sostengono di parlare a nome delle persone marginalizzate, si atteggiano a bussola morale del paese e agiscono, si muovono e parlano sempre alla stessa maniera. Parlano di “sensibilizzare le coscienze” allo stesso modo in cui altre persone parlano di lavare i piatti […] Non rischiano nulla, la loro sopravvivenza non è a rischio. Avranno sicuramente le loro ferite psicologiche, vivendo in una società capitalista, ma ricevono anche ampie compensazioni”).
Anche qui non si parla di ferite psicologiche per caso; Chav è un libro pieno di dolore e di riflessioni sul dolore. Non può esistere politica ci dice se non ci stanno a cuore il disagio mentale, l’abuso sull’infanzia, la condizione di isolamento, la povertà assoluta, la violenza subita e inferta. E soprattutto non può esistere politica se non riconosciamo le condizioni che ci servono a emanciparci; condividiamo la nostra storia di oppressioni e i modi in cui abbiamo cercato di liberarci.

https://www.minimaetmoralia.it/…/chav-un-classico…/

ACCIAIO di Silvia Avallone

“Acciaio” è un intenso romanzo working class con cui Silvia Avallone ha esordito nel 2015 vincendo numerosi premi letterari. Narra una vicenda di amore e amicizia che si sviluppa all’ombra dei forni delle acciaierie livornesi, esplorando le dinamiche e le condizioni di vita della classe operaia, condizioni che determinano fortemente i percorsi personali, familiari e sociali, e delimitano irrimediabilmente le possibilità del presente e del futuro dell’esistenza persone.

Presente in biblioteca!

D’AMORE E DI LOTTA di Audre Lorde

“D’amore e di lotta” è una selezione di poesie dalle numerose raccolte di Audre Lorde – poeta, femminista, Nera, madre, guerriera, lesbica: così lei stessa si definiva; i suoi scritti negli anni ‘70 e ‘80 hanno ispirato generazioni di donne Nere, femministe e attivist* lgbtq in tutto il mondo. Audre Lorde mette in crisi la presunta universalità del femminismo in favore di una visione intersezionale che mette in risalto le differenze, non solo di genere e orientamento sessuale, ma anche di colore della pelle, vissuto e classe sociale, precorrendo una serie di tematiche che caratterizzano l’approccio queer.

Trovate questa antologia edita da Le Lettere nella biblioteca di Polveriera.
Le poesie sono state tradotte dal collettivo WIT – Women In Translation, che ci ha donato il prezioso volume!

SINDROME DI PETER PUNK, di Alessandro Meo “Sante”

Abbiamo aggiunto al catalogo questo importante libro scritto da Alessandro Meo “Sante” edito da Kairós Edizioni.

Questo libro è “un esercizio per l’immaginazione” come afferma l’autore, che attraverso 14 racconti che si muovono tra fantasia e realtà ci conducono in tutto il mondo: dal Cile nel porto di Valparaíso durante gli anni ˈ50 fino a Lisbona durante la Liberazione del 25 aprile del ˈ74, passando per il periodo della quarantena italiana.
Il tutto con le illustrazioni di Alessandro Eusebi, Bastian Contrario, Chew-z, Erica Silvestri, ERRE PUSH, ILL Nano, M., Sabina Salussolia, Stefania Mapu-lab e Viola Delfina che corredano i racconti.

I proventi delle vendite verranno devoluti a sostegno del Sistema Educativo Autonomo Zapatista.

COMUNICATO PALESTRA POPOLARE POLVERIERA

Siamo persone, non macchine di produzione del profitto!

Le decisioni prese nel corso degli ultimi mesi per contrastare la diffusione della Pandemia hanno dimostrato di basarsi su una scala di valori che, ancora una volta, mette il profitto e l’economia di scala davanti all’individuo.

A prova di ciò le grandi aziende hanno continuato a svolgere la loro funzione, supportate ed accompagnate dalle istituzioni nel loro adattamento alle contingenze.

Le realtà più piccole, dalle piccole attività commerciali alla maggior parte delle attività della sfera privata, hanno visto la propria quotidianità stritolata da un susseguirsi di aridi decreti, dettati da una visione sterile e semplicistica delle vite di ognuno di noi.

In nome della protezione sanitaria è stato messo da parte qualsiasi elemento dei nostri corpi e delle nostre menti che non fosse volto alla salvaguardia dell’economia nazionale.

Tutt’ora, nel mezzo di una crisi che colpisce l’economia solo in conseguenza della delicata natura dei nostri corpi, dimentichiamo che è proprio il nostro corpo l’unico mezzo di difesa dalle minaccie del sistema.

Come palestra popolare, crediamo che dare a tutt* la possibilità di comprendere e superare i propri limiti fisici sia un messaggio politico fondamentale in un mondo in cui i nostri corpi sono considerati inutili (se non inesistenti) quando non si rendono funzionali alla creazione del profitto.

Abbiamo quindi deciso di esprimere la nostra posizione attraverso il nostro corpo, mantenendo le attività sportive all’interno del nostro spazio, guidati però dal rispetto reciproco.

Per natura, siamo contro la privatizzazione degli spazi pertanto le nostre porte rimarranno aperte.

Chiediamo però ad ogni persona che farà uso dello spazio di riflettere sugli effetti del proprio corpo nell’ambiente in cui si situa, di riacquistare il controllo del proprio corpo rispetto alle imposizioni esterne pur mantenendo il più alto livello di rispetto ed attenzione per la propria salute e per quella del prossimo.

Chiediamo a tutt* quell* che vorranno fare attività fisica negli spazi della PPP di partecipare all’assemblea settimanale prima di presentarsi agli allenamenti, così da comprendere i limiti che ci vediamo costretti a imporre.

Be Strong, Be Free.

PPP

Laboratorio di autocostruzione del collettivo Ark

Vi siete mai avventurati nell’autocostruzione ?
Avete mai provato a progettare qualcosa collettivamente?
In questa occasione si uniranno le due cose, per la costruzione di una nuova libreria in Polveriera.

L’allestimento dello spazio con una biblioteca e una distribuzione dei tanti prodotti letterari che vengono presentati dentro e fuori al festival di letteratura sociale prenderà forma attraverso vari incontri; condividendo idee, competenze, mani e braccia.
Diversamente dal costruire individualmente qualcosa all’interno di un luogo di vita privato; vi invitiamo a partecipare a un percorso che cerca di scardinare quell’idea autoriale e autoritaria di progetto, verso una pratica collettiva, nella quale si possa creare un processo realmente condiviso.
Così anche una libreria può essere occasione per sperimentare modi di vivere differenti dalla società in cui viviamo, facendoci sentire tutte e tutti parte di un luogo.
Per dare vita a qualcosa della collettività per la collettività.

Da giovedì 4 febbraio, ore 18.00 presso la Polveriera, via Santa Reparata 12/r.
PER INFO SCRIVETE A colletivoark@gmail.com

Il Festival è finito, Viva il Festival!

Ed eccoci a tirare il fiato e a fare le somme, per il quinto anno consecutivo, dopo il Festival della lettura sociale.
Tra le molte novità che abbiamo proposto certamente ce nè una che ha avuto un ruolo di primo piano ed è semplicemente il luogo nel quale si è svolta la tre giorni: il chiostro della Badessa. Bellissimo chiostro seicentesco, chiuso al pubblico più di tre anni fa, privatizzato e affittato, sottratto alla città e al quartiere per miopi politiche di deresponsabilizzazione direttamente collegabili all’Assessorato Regionale alla Cultura e più in generale all’amministrazione regionale. Non è certo questo il momento per portare all’attenzione l’incopetenza delle istituzioni nella gestione del patrimonio pubblico, chi volesse approfondire la questione può facilmente trovare maggiori informazione sul sito della Polveriera, ma sicuramente è il momento di ribadire ancora una volta che l’antidoto all’incuria e all’abbandono causata dai dinosauri incartapecoriti e burocratizzati è – e rimane sempre – l’AUTOGESTIONE, e la tre giorni appena passata ne è la dimostrazione.
Questo comunicato vorrebbe essere un ringraziamento, ma non è semplice, visto che non ci riconosciamo in persone singole bensì in un’entità fluida e collettiva e che la riuscita di tale evento è frutto dell’impegno e della creatività di tantissime persone: da chi ha scritto i libri presentati a chi ha allestito lo spazio, a chi ha dato una mano a smontare il palco o a tirare un cavo… Insomma, se volessimo ringraziare qualcuno o qualcosa dovremmo ancora rendere lode alle pratiche che faticosamente, tra mille ostacoli e imprevisti, cerchiamo di portare avanti.
Ok, siamo molto generici e per chi non si accontenta proviamo a scendere più nel particolare.
Ringraziamo innanzitutto le case editrici che da cinque anni sostengono l’iniziativa proponendo testi di altissima qualità e che vengono ogni anno cariche di entusiasmo a presentare e discutere temi senza richiedere e ricevere in cambio vil denaro.
Ringraziamo le riviste e i collettivi della città che hanno riempito il loggiato con distro e banchini pieni di fantastiche idee messe su carta.
Ringraziamo chi si è avvicinato e ha partecipato ai dibattiti contribuendo al processo culturale per eccellenza, dato dalla mescolanza spontanea di idee e pensieri.
Ringraziamo chi ha tenuto gli spettacoli serali che hanno dato un’aura poetica e a tratti mitologica a un’ambiente che già di per sé lascia con il fiato sospeso. 
Ringraziamo le persone del quartire che si sono avvicinate e che hanno avuto modo, alcune per la prima volta, di assaporare uno spazio della città vicino ma fino ad allora sconosciuto.
Ringraziamo la dirigenza dell’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio, ente che gestisce il complesso di Sant’apollonia, per aver fatto di tutto, ancora una volta, per mettere i bastoni tra le ruote a persone coscienziose che sposano la pratica della libera associazione.
Ringraziamo il tempo che non è stato poi così clemente e dunque deviamo i ringraziamenti a chi ha progettato il chiostro, facendoci costruire degli ampi loggiati sostenuti da ampie volte che hanno portato riparo a persone e libri.
Come vedete non è facile né forse possibile ringraziare qualcun* in un evento che riesce ogni anno a irrompere sulla scena culturale fiorentina solo grazie alla collaborazione tra menti e corpi libere e dunque vi dovrete accontentare di queste generiche parole. 
Una cosa, però, ci teniamo a dirla: per noi il Festival della letteratura sociale è una boccata d’aria fresca che ci riempie mente e spirito, ci riattiva i muscoli affaticati da una realtà oppressiva e priva di sbocchi, permettendoci di affrontare il futuro con una buona dose di speranza infusa proprio dalle parole e dai pensieri che escono dalla bocca e dagli occhi di chi ha attraversato il chiostro durante i tre giorni, ci fa venire voglia di metterci al lavoro per la prossima edizione che proviamo a immaginare ancora più ricca, appassionante e coinvolgente.
Il Festival di letteratura non ha fruitor* o organizzator*, ma solo partecipant* attiv*. Segui la preparazione del festival con le assemblee pubbliche, organizzati, partecipa, lotta.
A prestissimo
La comunità che organizza il Festival