“Niente vale di ciò che noi oggi facciamo, se non riusciremo a giustificarlo umanamente”
Vasco Pratolini è uno degli autori fiorentini e italiani più significativi della seconda metà del novecento. Il suo realismo nasce dal rifiuto del disimpegno elitario che vede nell’ermetismo degli anni ‘40, e arricchisce il panorama letterario neorealista del secondo dopoguerra con gli affreschi di vita popolare fiorentina in opere indimenticabili come “Cronache di poveri amanti”, “Le ragazze di San Frediano”, “Lo scialo” e molte altre.
Da sempre dalla parte dei più deboli e degli emarginati, dalla parte di quel popolo di cui faceva parte, ma senza mai cedere al pietismo buonista di tanta letteratura nazional-popolare, il suo impegno a restituire una cronaca dal basso della storia del novecento italiano si sviluppa su tutto l’arco della sua produzione romanzesca. Intellettuale antifascista, nei suoi romanzi ha sempre denunciato la violenza e l’ingiustizia del regime fascista tanto quanto quella dei padroni che ne hanno miserabilmente raccolto l’eredità.
Nella nostra biblioteca, per ora, ci sono “Il quartiere” – in cui l’avvento della giovinezza per un gruppo di ragazzi si accompagna allo stravolgimento urbano del quartiere di Santa Croce a fine anni ‘30 operato dal regime per spezzare i forti legami sociali dei quartieri popolari e preparare l’avvento di una nuova e complice borghesia – e “Metello”, in cui il protagonista eponimo attraversa la nascita delle prime organizzazioni sindacali e le lotte dei lavoratori edili che da fine ottocento si riversano dalle campagne nella città e iniziano a organizzarsi contro le condizioni disumane di lavoro e le violente repressioni governative.