COME AVEVAMO PREVISTO
Che la riforma dell’ISEE approvata dal Governo Renzi avrebbe aggravato il classismo dell’Università italiana lo affermammo già mesi fa, quando ancora i suoi effetti non erano ancora visibili.
Ma come spesso accade a chi fa politica dal basso – cioè nei gruppi informali o auto-organizzati, come i collettivi universitari nel nostro caso –, dopo mesi passati a percepire le preoccupazioni dei propri compagni universitari di fronte a una nuova riforma o una manovra del governo, ci si trova a constatare di aver avuto malauguratamente ragione.
Per mesi infatti abbiamo analizzato e commentato la riforma del nuovo ISEE, denunciando la prevedibile riduzione dei servizi sociali – studenteschi ma non solo – che avrebbe provocato.
Questo perché, facendo tesoro di ciò che ci hanno trasmesso le mobilitazioni contro le riforme di scuola e università e contro i tagli dell’austerity europea, riuscivamo a riconoscere in quella manovra una nuova preoccupante modalità di gestione delle risorse pubbliche, intrapresa dai governi in “tempi di crisi”. Una riforma che appariva in modo evidente come il tentativo da parte del Governo di risolvere il problema dei troppi studenti che risultavano idonei e tuttavia non beneficiari di borse di studio. Questo avveniva e avviene perché dal 2008 il Diritto allo Studio – inteso come voce di investimento pubblico – riceve sempre meno denaro, in modo costante e al di là del colore del governo (sempre che si creda che differenze “di colore” esistano fra gli attuali partiti in Parlamento), parallelamente all’acuirsi di una crisi che rende sempre più povera la maggior parte della popolazione.
In questo contesto l’aumento costante degli idonei non beneficiari (cioè tutte quelle persone riconosciute in difficoltà economica dallo stato ma non aiutate per mancanza di fondi) avrebbe costituito una bomba ad orologeria.
Tornando al nuovo metodo di calcolo dell’Isee, possiamo adesso vedere come gli effetti pronosticati, cioè la diminuzione dei servizi erogati e un aumento generalizzato delle rate, si siano verificati con maggiore gravità del previsto. Questo perché gli enti regionali, oltre ad aver accettato acriticamente le nuove disposizioni, non si sono minimamente organizzati per renderne meno duri gli effetti immediati. In particolare, il nuovo metodo di calcolo prevede – rispetto al precedente – anche il conteggio delle borse di studio percepite, i redditi di eventuali conviventi per chi ha genitori separati, o il conteggio dei redditi di fratelli e sorelle (prima venivano calcolati solo al 50%); in aggiunta l’Ispe non si basa più sull’Ici ma sull’Imu (un cambiamento assolutamente non trascurabile se si considera che un immobile con rendita catastale pari a 500 euro, se prima aveva un valore ai fini Ici pari a 75 mila euro, ora ha un valore ai fini Imu di 120 mila euro).
LE COLPE DELLA REGIONE
La Regione Toscana, governata da Enrico Rossi e il Partito Democratico “dal volto umano”, ha applicato i nuovi valori di calcolo senza considerare che questi, praticamente e nell’immediato, avrebbero escluso dalle graduatorie molti dei vecchi beneficiari di alloggio e borsa di studio. Questi si sarebbero di conseguenza ritrovati dall’oggi al domani senza casa e senza sostegno economico, pur avendo mantenuto in sostanza la medesima condizione economica dell’anno precedente.
Non avendo dato ascolto alle sirene dei collettivi e degli analisti più critici, nulla è stato fatto per renderne meno duri gli effetti.
Di fronte a questa emergenza, tramite l’auto-organizzazione degli studenti, si è potuto creare un fronte di protesta unito che ha aggregato non solo i collettivi universitari fiorentini ma anche decine di studenti fra quelli direttamente colpiti dalla riforma, oltre a molti altri solidali.
Sono trascorse settimane di assemblee e proteste di forme diverse, ma dal contenuto sempre univoco: il nuovo sistema di calcolo dell’Isee entrato in vigore a gennaio 2015 è una truffa con cui ci stanno privando del diritto allo studio: gli ormai vigenti parametri di calcolo fanno risultare più alti i redditi delle famiglie, pur essendo rimasti immutati li redditi reali.
Come ammette Carmelo Ursino (non un “agitatore dei centri sociali”, ma il vicepresidente dell’Associazione Nazionale degli Organismi per il Diritto allo Studio Universitario):
“la percezione è che il nuovo Iseeu comporterà una contrazione delle domande e di conseguenza del numero degli idonei, […] non è un segreto che i soldi a disposizione del diritto allo studio sono sempre di meno, per il combinato disposto di diversi fattori: il Fondo integrativo nazionale inserito nel patto di stabilità, la titolarità in mano alle Regioni che a loro volta subiscono tagli. Ormai la gestione delle nostre aziende è molto complicata, sarebbe necessaria una revisione profonda di questo fondamentale pezzo del welfare”.
Le richieste immediate della mobilitazione sono sempre state le stesse, quelle necessarie ad affrontare il disagio provocato (VEDI):
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Proroga dei tempi di uscita dagli studentati.
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Reinserimento immediato di tutti gli ex-beneficiari di borsa di studio, posto alloggio e contribuzione ridotta.
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Eliminazione del calcolo ISPE dai requisiti di accesso ai benefici del DSU.
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Aumento delle soglie ISEE di accesso ai benefici del DSU e riapertura del bando 2015/2016 per non escludere le matricole a causa dei nuovi criteri di calcolo ISEE.
L’ESITO DEL CONFRONTO
Il confronto con la Regione non ha fruttato nessuna soluzione reale, ma solo delle proroghe all’uscita forzata dagli alloggi e alla scadenza per il pagamento delle rate (VEDI). Lo scopo – secondo loro – era di dare agli studenti esclusi il tempo di trovare una nuova abitazione. A nostro avviso invece con queste decisioni hanno provato solo a guadagnare tempo, sperando che nel frattempo l’interesse dell’opinione pubblica e dei media scemasse, mentre il fronte della protesta avrebbe esaurito la sua energia, logorato da false promesse, ipocrisie e chiusure. Perché, fondamentalmente, la Regione e il DSU non hanno né il coraggio né tantomeno la volontà politica di affrontare un disagio che almeno a parole riconoscono, ma che attribuiscono esclusivamente alla mancanza di fondi e alle riforme “imposte dall’alto”. L’assessore Monica Barni ha sostanzialmente ammesso la sua attuale impossibilità di mettere mano alla situazione, promettendo una revisione del calcolo e/o delle fasce fiscali – dal prossimo anno.
Ma chi altri se non loro dovrebbe mediare fra i bisogni degli studenti, delle famiglie e di tutte quelle persone bisognose delle prestazioni sociali agevolate (istruzione, sanità, asili nido, case popolari ecc.) legate all’Isee? Al contrario, gli enti locali se ne lavano le mani adducendo motivazioni burocratiche.
LA DECISIONE DI OCCUPARE
A questo punto l’urgenza di risolvere l’emergenza abitativa di alcuni studenti non più alloggiati, sommata alla determinazione di un gruppo di studenti riuniti sotto il denominatore comune di Studenti contro il nuovo ISEE, ha portato alla decisione di prendere possesso di una palazzina abbandonata da 6 anni ma perfettamente agibile, in grado di ospitare circa 60 persone.
Si tratta di un immobile della ASL oggetto di indagini a causa di uno strano giro di proprietà costato alla Regione ben 4 Milioni (VEDI). E poi dicono che i soldi non ci sono!
L’occupazione è iniziata la mattina di Sabato 14 Novembre, cinque giorni dopo l’ennesimo rifiuto del DSU che, scaduta l’ultima proroga, ha iniziato a sanzionare gli 8 studenti rimasti nelle loro abitazioni nonostante avessero perso la borsa di studio (e con essa il posto alloggio nelle residenze universitarie). L’Azienda Regionale per il Diritto allo Studio Universitario non si è mai presa carico della responsabilità di buttare questi studenti in mezzo alla strada, eppure non ha avuto rimorsi nel farlo, tentando di costringerli ad abbandonare le stanze con il ricatto e l’intimidazione di una penale di 10€ al giorno, quello che tra l’altro a Firenze sarebbe un affitto a prezzo di mercato.
Ovviamente questo per noi era inaccettabile e abbiamo dunque deciso di farci carico in prima persona della risoluzione del problema, lottando per i nostri diritti:
“Abbiamo occupato perché era l’unico modo per chiedere una trattativa con il DSU Toscana, l’Università di Firenze e la Regione Toscana. Siamo disposti a uscire solo quando le istituzioni si faranno davvero carico di garantire il diritto allo studio a tutti e tutte, mettendo a disposizione le risorse necessarie e fornendoci una sistemazione abitativa dignitosa. Nelle settimane in cui ci siamo mobilitati abbiamo sempre trovato interlocutori ambigui senza alcun interesse ad avviare una dialettica con noi o semplicemente a provare a comprendere la natura del problema, persone che hanno minimizzato, giocando allo scarica barile con le responsabilità di questa situazione.
Le istituzioni hanno usato la solita scusa per non assumersi le proprie responsabilità: per il diritto allo studio e alla casa non ci sono risorse. Eppure la storia dell’edificio che abbiamo occupato dimostra il contrario.” (dal
comunicato degli
Studenti contro il nuovo ISEE)
A questo punto la Regione – evidentemente colpita nel vivo, cioè negli interessi economici che girano intorno a questa palazzina – ha accettato di incontrarci ad un tavolo alla presenza del Rettore Luigi Dei, promettendo di:
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accelerare le pratiche per l’apertura di un nuovo studentato a Sesto Fiorentino,
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battere i pugni sul tavolo alla Conferenza Stato-Regioni per la rimodulazione dell’Isee (ma non prima dell’anno prossimo, non c’è fretta!)
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lavorare ad una nuova Borsa Servizi che vada a lenire gli squilibri della riforma
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aprire all’ipotesi di dedicare la palazzina di via Ponte di Mezzo 27 ad un ulteriore studentato (ovviamente vincolando l’ipotesi ad una nostra uscita dall’occupazione)
Questa è la situazione al 20 Novembre, dopo soli sei giorni dal salto di qualità della mobilitazione degli Studenti contro il nuovo ISEE, che dalle prime proteste ad oggi ha visto una radicalizzazione del confronto/scontro con la Regione, e di conseguenza delle pratiche di lotta scelte.
Parliamo di “salto di qualità” quando ci riferiamo a quest’occupazione perché è maturata dall’organizzazione di un comitato di lotta ampio, partecipato da più studenti e collettivi, che ha saputo generalizzare le proprie rivendicazioni senza perdere di vista gli obiettivi pratici più immediati e diretti alla soluzione di un problema concreto: quello dell’insostenibilità degli studi universitari oggi. A partire dall’emergenza casa di coloro che hanno perso l’alloggio o che neanche hanno fatto richiesta di borsa di studi a causa della disillusione di fronte al nuovo metodo di calcolo, le assemblee hanno portato ad un allargamento di campo verso tutti gli interessati dalla riforma dell’ISEE – quindi pensionati, invalidi, coppie separate, ecc. – come pure c’è stato un allargamento verso gli aspetti che riguardano la vita quotidiana di tutti noi: il problema della casa, della mancanza o dello sfruttamento sul lavoro, il problema dello spreco di risorse pubbliche e in generale del mancato rispetto dei diritti che lo Stato dovrebbe garantire. Ognuno di noi percepisce il disagio di vivere in un paese che preferisce spendere in armamenti e guerre, favorire le grandi aziende, spendere in grandi opere inutili come Tav, Expo o magari in visite papali e giubilei vari. Così come ognuno di noi vive sulla propria pelle la difficoltà di trovare un lavoro, che comunque sarà molto probabilmente precario e mal retribuito. È per tale motivo che in questa lotta abbiamo incrociato la strada dei lavoratori di scuola ed università, così come con il Movimento di Lotta per la Casa e con altre realtà di riappropriazione e autogestione: esempi virtuosi di gestione del bene pubblico ai fini della valorizzazione per scopi sociali, verso la conquista di diritti fondamentali come l’abitare, il lavorare, la ricerca del benessere e della realizzazione personale. Perché la nostra lotta non riguarda solo un parametro fiscale per accedere agli studi, ma riguarda la concezione del percorso formativo delle persone oggi: sempre più inaccessibile e funzionale solo al mercato del lavoro. Attenzione: non al lavoro, bensì al mercato del lavoro. Ciò che si nasconde sotto la retorica degli ultimi governi di questo paese è sempre lo stesso meccanismo di selezione di classe e di ridimensionamento delle spese per l’istruzione, considerate un lusso in tempo di crisi. Sin dai tempi del Governo Berlusconi la retorica del merito viene sbandierata per limitare gli accessi e diminuire in termini assoluti il numero degli studenti. Inoltre, diminuendo i fondi ed aumentando i costi per gli studenti e le studentesse, diventa sempre più difficile concludere il ciclo di studi per la popolazione meno ricca.
È per questo che abbiamo guardato ad altre esperienze italiane di lotte studentesche che hanno saputo allargarsi ed uscire dalle mura universitarie per inventare nuove pratiche di lotta concrete ed efficaci. La nostra scelta di occupare una palazzina di proprietà pubblica per metterla a valore – un valore che vogliamo socialmente utile –, è infatti una strada già intrapresa da occupazioni come Communia a Roma o Je so’ Pazz a Napoli; ma anche come la Fattoria senza padroni di Mondeggi, dove dal libero lavoro di alcune decine di persone si è resa possibile la rinascita di un’intera area agricola.
Bene, noi vogliamo intraprendere questa strada, ovvero la messa a valore del bene pubblico da parte della comunità studentesca e non solo, per affrontare direttamente quel disagio causato dalla riforma dell’Isee come dal continuo taglio della spesa per l’istruzione e per il sociale in generale.
DALLA PROTESTA AL PROPOSTA
La nostra decisione di rispondere subito ad un problema concreto nasce anche dalla volontà di costruire qualcosa di innovativo: uno studentato occupato che non sia solo un tetto sopra la testa, ma un luogo di elaborazione creativa di nuovi valori e di nuovi modi di farli vivere e valere, a partire dalla solidarietà e dal mutuo appoggio quali fondamenta di una totale ridiscussione del modo di amministrare i beni pubblici e dello stare insieme. In via Ponte di Mezzo 27 vogliamo aprire uno spazio sociale dove potersi arricchire culturalmente, incontrando altri studenti e studentesse, organizzando dibattiti, proiezioni e letture, condividendo esperienze e saperi, competenze e passioni. La cultura, che in questo paese viene regolarmente derubricata a voce di spesa inutile e sottomessa agli interessi del mercato, secondo noi deve tornare ad essere strumento di conoscenza e di critica dell’esistente, utile alla consapevolezza di ognuno di noi e del mondo in cui viviamo. Vogliamo aprire uno spazio sociale che garantisca la possibilità di potersi informare e organizzare per risolvere le proprie beghe universitarie, come pure per poter affrontare il mondo del lavoro – precario ed ipersfruttato – con maggiore consapevolezza e strumenti per difendere o conquistare i propri diritti.
Oggi le burocrazie universitarie e sindacali rendono ognuno di noi un burattino incapace di far valere i propri diritti. La prima mossa per passare al contrattacco è: NON DELEGARE.
Vogliamo aprire uno spazio che sia punto di riferimento per un quartiere, quello di Novoli e Rifredi, che sta affogando nell’individualismo e nel degrado sociale.
Qua dentro vogliamo dare la possibilità e la speranza a tutti i vicini di casa di poter migliorare le proprie condizioni di vita discutendo dei problemi del quartiere e non solo, e poi di come risolverli.
Martedì 24 alle 21 ci sarà un’assemblea di quartiere, per spiegare al vicinato quello che stiamo facendo. Per gli studenti interessati, invece, abbiamo fissato uno sportello per il Diritto allo Studio ogni martedì dalle 10 alle 13 al Polo di Novoli, edificio D5. Oppure potete passarci a trovare direttamente in Via del Ponte di Mezzo 27 a qualunque ora.