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Intervento del Collettivo della Polveriera SpazioComune al convegno di Altra Europa con Tsipras.

Intervento del Collettivo della Polveriera SpazioComune al convegno a Firenze di AltraEuropa con Tsipras di fronte agli esponenti dell’inevitabilmente fallimentare sinistra italiana, per rimarcare la necessità di ricostruire un tessuto politico sociale a partire dal basso, dalle piazze, dai posti di lavoro, dai luoghi di studio, con politiche sociali attente alle esigenze e ai diritti dei cittadini.
Quest’auditorium si trova fra le mura del Chiostro di Sant’Apollonia, delle mura che hanno tanto da raccontare. Hanno assistito proprio qui dentro a centinaia di assemblee dagli anni ’60 ai ’70 quando era il centro del movimento studentesco. Portano ancora oggi le scritte fatte dal 67 al 74 dagli oltre mille studenti greci emigrati dalla dittatura. 
E proprio qua sopra, metri quadrati che la regione lascia abbandonati e che da maggio sono occupati da noi: lavoratori, studenti ed abitanti del quartiere. Uno spazio che oggi è diventato comune a decine di persone che lo vivono ed attraversano, all’interno del quale si sperimentano resistenza e costruzione d’alternative.
Queste sono cose che solo chi vive i luoghi, i quartieri come i posti di lavoro e le scuole, può conoscere in profondità. Ed è per questo che Syriza lavora strettamente legata ai movimenti sociali, composti da quelle persone che ogni giorno lottano e cercano di cambiare questa società; perché caratteristiche e problematiche sono conosciute dai soggetti che le vivono, come da loro devono essere elaborate le rivendicazioni. Cercare di rappresentarle, senza averne internità, sarà fallimentare.
Se Syriza, dopo i risultati del 30% delle scorse elezioni, adesso potrà governare la Grecia, proprio per questa stretta connessione con le lotte sociali, quelle che le daranno la forza di resistere agli attacchi che l’Ue molto probabilmente porterà una volta conquistato il potere politico.
Abbiamo scelto di intervenire per sottolineare quest’aspetto perché il paese oggi è attraversato da centinaia di vertenze lavorative e conflitti nei quartieri e nei territori che non trovano espressione politica. 
E l’espressione politica di questo mondo, il mondo degli sfruttati dal capitale: dai lavoratori ai territori, non può partire dalla pura rappresentazione di questi conflitti, né da alleanze che puntino a racimolare quelle percentuali da governo. Questo non potrà che avvenire sostenendo direttamente i conflitti aperti dalla crisi, legando quelle lotte al fine di dargli progettualità. Cambiare la società dev’essere l’obiettivo. Solo così si può pensare di raggiungere quegli obiettivi. Se invece si rigira sottosopra l’obiettivo, ponendo il risultato elettorale come prioritario, difficilmente si riuscirà a replicare quanto Syriza ha fatto nel suo paese. E difficilmente le persone che in queste settimane occupano le piazze potranno credere in un cambiamento collettivo.

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Ciclo d’incontri frontali a cura del Centro Java Infoshop

Giovedì 20/11 h19:
ADDICTION: Culture e Contesti

Giovedì 27/11 h19:
Dal concetto di Dipendenza
al concetto di Autoregolamentazione

Giovedì 04/12 h19:
Politiche di riduzione del danno
e esempi europei di buone prassi

durante gli incontri sarà disponibile un aperitivo di autofinanziamento

LaPolveriera SpazioComune
@plesso sant’apollonia – via s.reparata, 12

CINERIERA – il cinema in Polveriera: proiezione di “Fate la rivoluzione senza di noi”

La Polveriera inaugura lo spazio cinema con un film cult girato nel 1970 da Bud Yorkin con Gene Wilder, Donald Sutherland, Hugh Griffith, Orson Wells.

Titolo originale: Start the Revolution without Me. Commedia, durata 91′ min. – USA 1970

– Verso la metà del settecento, alla corte di Luigi XVI, due coppie di gemelli nati da famiglie di diversa estrazione sociale vengono scambiati fra di loro. Le vite dei quattro neonati incroceranno nuovamente i loro destini insieme al destino della Francia allo scoppiare della Rivoluzione del 1789.

Farsa storica di quelle che diventeranno poi classici della comicità grazie a Mel Brooks, “Fate la rivoluzione senza di noi” riprende parodizzando il tema di alcuni romanzi sulla rivoluzione francese già portati sul grande schermo, come “Il racconto delle due città” di Dickens o “I fratelli corsi” e “L’uomo dalla maschera di ferro” di Dumas (padre).

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La proiezione inizierà alle ore 20.01 puntuale
e sarà accompagnata da stuzzichini e bibite fresche.
Cibo a offerta libera, bere a prezzi popolari,
e chiaramente ingresso libero.

DIARIO DI BORDO: 23 maggio

La polveriera è occupata da quasi un mese.

Il 23 giugno, data di inaugurazione della mostra di arte calligrafica di Chen Wei, festeggeremo il nostro complimese. Sembra nulla se pensiamo al tempo passato ad esplorare le stanze lacerate da lavori incompleti e dallo scorrere del tempo, ad immaginare ognuno in testa propria cosa potessero accogliere, a discutere dell’impraticabilità di un occupazione e poi comunque a teorizzare i modi e le probabili conseguenze. È invece molto se proviamo a confrontarla con altre occupazioni, soprattutto se al di fuori dei locali universitari. Penso a Luna Distro, occupazione lampo in quel delle Cure, durata meno di quarantottore con tanto di sgombero notturno e denunce per i presenti. Oppure lo Spazio di Novoli, un aula che fu murata piuttosto che vederla in mano a degli studenti ”antagonisti”. Negli ultimi anni occupare dei locali cosi centrali ed in un plesso cosi imponente sembrava fantascienza, ma la fantasia non ci manca.
Abbiamo avuto coraggio, abbiamo scelto di puntare tutto su una  data, il 23 maggio, da collocare all’interno di una più ampia campagna sugli spazi (Facciamoci Spazio), che a noi sembrava ovvia, ripetitiva, inefficace e nella quale ci è parso che neanche gli stessi organizzatori credessero, e che comunque ha portato i suoi preziosi frutti.
Noi abbiamo pensato in grande. Non lo diciamo per vantare meriti alcuni: è stato sconsiderato come gesto, ma abbiamo fatto bene. Ed abbiamo vinto la scommessa: l’iniziativa è stata un successo, l’occupazione ha portato decine di persone ad interessarsi allo spazio materiale e al progetto che rappresentava. Non dobbiamo negarcelo: l’intuizione è stata premiata. Ma la fortuna non fa che la metà della parte, e come dobbiamo guardarci indietro per imparare dai nostri errori e dalle buone pratiche, così è fondamentale capire come muoverci da qui in avanti, perché adesso la fortuna lascia lo spazio alle nostre capacità. Capacità politiche prima di tutto. 
Già, perché che lo vogliamo o no adesso si tratta di farsi i muscoli per il braccio di ferro con l’istituzione e con la società che ci circonda se vogliamo costruire una Polveriera che sia davvero esplosiva e non un fuoco di paglia o, ancora peggio, polvere da sparo bagnata. Fare cilecca adesso sarebbe drammatico: non sono passate ere geologiche da quando un collettivo composto per lo più da studenti ha visto sei dei suoi militanti finire agli arresti domiciliare per associazione a delinquere (e ben 90 persone sono state coinvolte nelle indagini fra coloro i quali frequentavano questi ”delinquenti”) per aver preso parte a manifestazioni studentesche, occupato locali abbandonati dall’università ed altre azioni illegali.
È bene metterselo in testa, stiamo giocando col fuoco ed è meglio imparare al più presto a governarlo.
Innanzitutto ci teniamo a chiarire alcuni aspetti: il primo fra tutti è che abbiamo ragione. Come scritto poco sopra, occupazioni di questo genere non durano molto, e noi siamo ancora qua. Perché? Perché abbiamo ragione, e chi dovrebbe provvedere al nostro sgombero lo sa e ha paura. Ha paura di darci visibilità, dare visibilità alla causa di alcuni studenti e studentesse che hanno occupato un posto che è stato gestito vergognosamente fino a oggi e che è destinato a finire nelle fauci della speculazione. Uno sgombero vorrebbe dire sbattere in prima pagina il degrado di quel chiostro, gli sprechi della regione, coprire di infamia gli articoli apologetici di due anni fa sulla nuova mensa… Ricordate quante sviolinate all’apertura?
Che abbiamo ragione, poi, lo sanno gli altri studenti e studentesse che attraversano la mensa ogni giorno, come anche i lavoratori e le lavoratrici: in molti e molte ce lo dicono ogni volta che si affacciano, che li incontriamo e interagiamo. La frase che si ripete è sempre la stessa: avete fatto bene.
Il secondo aspetto che vogliamo sottolineare è che siamo un gruppo abbastanza eterogeneo da poter essere esplosivo, dobbiamo mettere in comune le nostre conoscenze, i nostri desideri, le nostre energie e farle fruttare per rendere la Polveriera una realtà forte abbastanza per resistere e per essere rivoluzionaria. Non è retorica: perché se abbiamo voluto fare parte di un gruppo del genere invece di dialogare solo con chi la pensa ”quasi” come noi è perché siamo convinti che si possa invertire il modo di guardarsi più diffuso, quello che mette in risalto le differenze per affermare la singolarità. Si possono mettere in gioco le proprie opinioni e scoprirle diverse da quando si è iniziato a dialogare, e non solo si può, ma è il modo migliore di arricchirsi senza impoverire il prossimo: conversare, confrontarsi, collaborare e cooperare.
Su questo aspetto finora ci siamo spesso dilungati e dimostrati concordi. Vorremmo dunque passare al terzo e fondamentale aspetto: i contenuti.
I contenuti non sono oggetto separato dal contenitore. Chiamateli come volete, ma se vogliamo parlare di contenuti dobbiamo parlare del posto dove siamo seduti. Perché che la polveriera sia uno spazio pubblico preda della burocrazia statale e della fame di profitto di questo sistema capitalista non è aria fritta, non sono parole vuote. È uno spazio sottratto al profitto dove poter mettere in pratica forme di resistenza al dominio del profitto. Pratiche di auto-organizzazione contro la crisi, contro la dequalificazione dei saperi e contro la mercificazione. Vi sembra poco?, e poi? E poi è uno spazio pubblico frequentato da chi vive nel quartiere: chi porta il cane a pisciare, chi si prende il fresco, chi ci passa i pomeriggi dopo la scuola, e chi (ahinoi questo è un quartiere segnato anche da questo) cerca un luogo tranquillo dove consumare eroina. Stiamo parlando di dati oggettivi e allo stesso tempo da una cornice di concetti che permiano dalle pareti e che dobbiamo essere in grado di intessere.
L’ambiente che ci circonda ci coinvolge soprattutto adesso che delle telecamere campeggiano dalle nostre teste, e che ci siano per colpa nostra o delle ”frequentazioni promiscue”, resta il fatto che ci sono, e il loro scopo è inquadrare chi delinque e fornire prove alle forze dell’ordine. È urgente pensare bene a come risolvere questo problema e a come risolverlo nel modo più produttivo, perché il prossimo passo sarà la chiusura del chiostro ai non iscritti all’università, da un lato rendendolo ancor più abbandonato a se stesso, dall’altro privando il quartiere di uno dei pochi quadrati di verde.
Un modo produttivo perché crediamo che immaginando soluzioni ai vari problemi di Sant’Apollonia noi potremo produrre i contenuti e la ricchezza che ci serve per diventare cambiamento, per rendere i luoghi che viviamo e che ci circondano più simili al loro dover essere.
Queste sono le premesse che ci premeva sottolineare per lanciare a tutte e a tutti una sfida: se vogliamo lasciare un’impronta con questa esperienza dobbiamo occuparci di difenderla dai pericoli che incombono al momento. Lo sgombero e la chiusura del chiostro si risolvono allo stesso modo, e cioè radicandosi nel quartiere, dimostrandosi responsabili e capaci di affrontare anche i problemi più difficili con i valori che ci muovono, organizzando a partire da noi stessi per innescare un circolo virtuoso di partecipazione.
Invitiamo tutte e tutti a riflettere su quanto scritto perché nel secondo mese si passi all’offensiva così da non farsi cogliere impreparati dal nemico, che finora è stato magnanimo lasciandoci tutto il tempo per fare il rodaggio (che ancora non è finito e che forse non finirà mai, in questa rivoluzione permanente), ma che per quanto ci abbia portato a compiere dei passi avanti nella sistemazione del posto e nella costruzione di una rete di relazioni che si stanno saldando è un castello di carte di fronte al potere che stiamo sfidando.
La Polveriera esploderà.

Space Invaders: Facciamoci Spazio!

FACCIAMOCI SPAZIO

Ogni generazione di studenti conosce “La mensa di San Gallo”, cosiddetta per l’originario ingresso sulla via, ma oggi chiamata “di Sant’Apollonia” per via del nome del Chiostro principale o “di Santa Reparata” per il nuovo ingresso. Negli ultimi 15 anni è stata una continua rivoluzione: tutto l’immobile, di proprietà pubblica, ospitava la mensa, alcune aule ed uffici che di volta in volta sono stati spostati, ridimensionati o chiusi. La sola costante di tutti questi cambiamenti è la continua mal amministrazione delle risorse e degli spazi. Infatti ad oggi è stata ristrutturata solo una parte del piano terra che ospita adesso gli uffici della Fondazione Toscana Spettacolo, l’Auditorium (utilizzabile a pagamento) e la Mediateca; mentre al primo piano la mensa, lasciando abbandonato ed alla mercé dei piccioni la maggior parte dello stabile.
Sono anni che chiediamo quali progetti ci siano, se verranno mai utilizzati per soddisfare le esigenze di chi studia e/o vive in centro: spazi per studiare anche il fine settimana, spazi dove poter fare laboratori d’ogni genere, per ritrovarsi e condividere i propri interessi con “propri simili”.
Perciò abbiamo deciso di aprirli, pulirli e dimostrare che, a fronte degli sprechi della Regione e delle istituzioni, noi studenti e studentesse, organizzandoci, siamo in grado di riqualificarli e renderli usufruibili per tutti e tutte.
La riappropriazione da parte di tutti noi di ciò che è un bene comune: lo spazio pubblico.
Alle 17: Dibattito pubblico con Spazi Docili ”Riaprire spazi comuni”
Dalle 19 alle 23.30: Block Party con Killabros TV powered by Joker Smoker